Analisi dei significati culturali del gioco dell’Albero della Cuccagna: ieri e oggi a Siculiana.

Quest’anno a Siculiana in occasione dei festeggiamenti di San Giuseppe sono stati reintrodotti dei giochi tradizionali che negli ultimi due decenni erano del tutto scomparsi. Tra questi il “Palo della Cuccagna”, che consiste nel cercare di arrampicarsi su un palo di legno dalla cui cima penzolano generi alimentari e bevande alcoliche. Una squadra di 4-5 uomini salgono uno sopra l’altro aggrappandosi al palo e con grande fatica cercano di arrivare ai “premi”.
L’ultima testimonianza di questo gioco a Siculiana circola da qualche tempo su youtube e risale ai primi anni ’90. È molto probabile quindi che l’idea di reintrodurlo per San Giuseppe nasca dalla diffusione in rete di questo video e dal semplicistico pensiero che potesse essere un momento di divertimento collettivo, oltre che occasione per salvaguardare una tradizione, aggiungerei io anche a discapito di qualsiasi pensiero sul significato culturale e sociale delle tradizioni.
È molto comune, infatti, che vengano riproposte tradizioni caratterizzate da aspetti ludici e divertenti, ma che risultano ormai inequivocabilmente spogliate del loro significato originario. Penso ai gruppi folkloristici ad esempio, sempre uguali a se stessi, nel loop della cristallizzazione di stereotipi ormai morti. D’altronde il mondo cambia e con esso cambiano i significati che si danno alle cose.
Tornando al nostro “Albero della Cuccagna” possiamo ipotizzare la sua origine nel culto dell’Albero di Maggio, venerato come simbolo della nuova stagione e delle sue promesse di abbondanza nei culti arborei diffusi in tutta Europa a partire dall'area celtica. (fonte Wikipedia)
Inoltre l’etimologia della parola “cuccagna” (dalla radice latina “coq” di “coquina”, cucina) e tutta la mitologia sul Paese della Cuccagna, un luogo ideale nel quale benessere e abbondanza sono a portata di tutti, ci suggeriscono la valenza di rito propiziatorio che questo gioco poteva assumere nelle comunità agricole.
Nella cultura contadina del medioevo, caratterizzata dall’estrema povertà, questo gioco ha assunto il significato di una prova di destrezza e forza fisica. L’abbondanza, la cuccagna tanto agognata, si guadagna con lo sforzo e chi riusciva riceveva in premio qualcosa di inusuale e socialmente desiderabile. Non a caso in cima all’Albero della Cuccagna si trovava in genere la carne, l’alimento più prezioso e ricercato per le popolazioni povere. Chi partecipava al gioco inoltre, mettendo in mostra le proprie doti fisiche, era oggetto di stima e ammirazione da parte del pubblico, senza dimenticare la valenza di desiderabilità sessuale che poteva assumere una tale prova di forza, ricollegandosi in questo agli antichi culti propiziatori di abbondanza e fertilità.
Che valenza culturale ha oggi questo gioco? Ho guardato il video degli anni ’90 e un video diffuso oggi 17/03/2014 su facebook da una mia concittadina e mi sono fatto un’ipotesi.
Oggi, come negli anni ’90 d’altronde, i partecipanti a questo gioco fanno parte del ceto meno abbiente della comunità siculianese, mentre il resto del pubblico è indifferenziato a livello sociale. In piazza, al centro di uno spazio delimitato da transenne, questo gruppo di uomini cerca di scalare il palo mentre il numeroso pubblico accorso guarda aldilà delle transenne. Oggi non vi è più motivo per la maggior parte della comunità siculianese di ambire a beni-premi alimentari, poiché (fortunatamente) qualsiasi alimento è facilmente accessibile. Guardare gente disposta a partecipare a questo gioco quindi non può più suggerire ammirazione e partecipazione emotiva (empatia) ma piuttosto derisione e distanza sociale netta e significativa. Il pensiero che serpeggia tra il pubblico potrebbe essere ad esempio: “Guarda che fanno questi per del macinato, del pollo, della salsiccia e delle bottiglie di alcolici”.
Da rito popolare propiziatorio di abbondanza, in una comunità che condivideva il male comune della scarsezza alimentare, il gioco dell’Albero della Cuccagna oggi inverte il suo significato e diventa un esorcismo collettivo contro la povertà economica, demarcando nettamente (anche con le transenne) la distanza tra povertà e cuccagna, la distanza fra gli uomini piuttosto che la condivisione di istanze collettive.
Il gioco, da dimostrazione di forza e messaggio culturale, che nel suo contesto originario aveva anche degli aspetti meritocratici, diventa appannaggio di fenomeni da baraccone soggetti alla derisione collettiva, da cui prendere le distanze perché irriducibilmente di diversa natura. Come se (ri)conoscere e ammirare qualcosa che non ci appartiene possa servire a definire dei limiti tra quello che possiamo accettare e quello che non possiamo accettare.
Da condivisione di speranze (l’abbondanza) a stigmatizzazione sociale quindi, con tutta la tristezza e la povertà culturale di cui la stigmatizzazione è generatrice, come è sempre stato dimostrato nella storia dell’umanità.
Un parere del tutto personale per concludere: nel mondo odierno caratterizzato dalla costante condivisione di sapere, grazie anche a dispositivi di diffusione efficacissimi (internet), la povertà culturale condivisa e accettata da una comunità è un male ancora maggiore della povertà economica stigmatizzata ed esorcizzata con riti collettivi a discapito di pochi capri espiatori.
Se dovessi essere cinico come coloro che approvano socialmente queste tradizioni ritrascritte e contestualizzate nella comunità odierna direi che trovo questi ultimi ancora più ridicoli di coloro che partecipano a questo gioco, perché guardano il dito della povertà economica di pochi e non vedono la luna della propria povertà culturale.

Federico Doria

Commenti

  1. Nessuno ha menzionato la pericolosità del "gioco" visto che bisognava arrampicarsi e non erano presenti barriere di sicurezza. Meno male che non si è fatto male nessuno...

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